25 Aprile intervento di Michele Conti

Celebrare il 25 aprile non è solo un dovere che spetta a chi rappresenta le istituzioni che ogni anno si danno appuntamento per depositare corone di alloro davanti a un monumento o alla lapide che ricorda i caduti, come abbiamo fatto prima di venire qui.

Celebrare il 25 aprile – a 78 anni di distanza – significa ricordare a noi stessi, alle giovani generazioni, quello che è stato perché non riaccada mai più.

Significa ricordare gli orrori della guerra sofferta dal popolo italiano, la fine del nazifascismo e festeggiare la ritrovata libertà.

Significa riconoscere quella data del calendario civile come simbolo di una ritrovata unità da cui, in seguito, sarebbe nata la Repubblica Italiana.

Una data altamente simbolica, dunque, che contiene il seme di quello che siamo diventati oggi: una delle Nazioni più ricche e progredite del mondo. Uno Stato democratico che garantisce a tutti i diritti inviolabili, grazie alla Carta Costituzionale.

Diritti e democrazia sono stati in questi decenni elementi imprescindibili e indivisibili per la crescita sociale, economica e politica dell’Italia.

Hanno garantito agli italiani di riprendersi dalle macerie della guerra; di valorizzare la loro creatività che ha prodotto il boom degli anni Sessanta; di attraversare e superare i conflitti ideologici e politici degli anni Settanta; di essere tra i fondatori della Comunità Europea oggi Unione; di farci entrare nel nuovo Millennio al fianco di altre Nazioni con le quali ci riconosciamo negli stessi valori ed egualmente attente al rispetto dei diritti e della democrazia che oggi, qui, noi celebriamo.

Il 25 aprile fa parte della nostra storia collettiva e deve essere la festa di tutti gli italiani che combatterono, superarono i lutti della Guerra, scelsero di stare dalla parte della democrazia e delle libertà.

Ma quegli italiani, dopo anni di dittatura, impararono anche a praticare convintamente i principi della democrazia nella convivenza civile, nell’agire quotidiano, in forma privata e collettiva.

Così quei valori divennero sempre di più patrimonio condiviso di ogni forza politica, associazione culturale e sociale, e allo stesso tempo nel mondo del lavoro e della rappresentanza.

Oggi, celebrare questa ricorrenza deve dunque essere un esercizio pratico e non fine a se stesso per interrogarci su come aggiornare e rinnovare quei valori nella pratica quotidiana, affinché non prevalga mai più il seme dell’odio, della discriminazione, dell’intolleranza e del razzismo.

In questo senso sono stato molto contento che il nostro Ateneo abbia ritenuto importante proprio in questi giorni organizzare un ricco e articolato programma di mostre, incontri, seminari, spettacoli proprio per aiutarci a riflettere sul valore di quella data per il presente e soprattutto per il futuro.

Una riflessione che dobbiamo fare nostra, nella piena consapevolezza che le dittature nel mondo non sono scomparse. E che molti popoli aspettano ancora il loro 25 Aprile.

Le dittature ci sono e sono ancora forti in molte aree del mondo. Sistemi di prevaricazione dello Stato sull’uomo, sono presenti nel vicino Medioriente, in Africa, in Asia e in altre aree del mondo.

Ma non dobbiamo mai dimenticare, perché lo hanno vissuto le generazioni che ci hanno preceduti, che le dittature sono sempre causa di guerre e devastazioni. E soprattutto della sofferenza dei loro popoli.

Per questo dobbiamo festeggiare il 25 aprile non come vuoto esercizio retorico ma come momento di condivisione di un rinnovato patto che il popolo italiano volle fare perché a prevalere fossero la pace e la democrazia, la libertà e i diritti.

Dallo scorso anno le cronache di una guerra vicina ai confini dell’Europa ci ricordano ogni giorno cosa sia il dolore di donne e uomini innocenti travolti dalla distruzione.

Al loro fianco ci siamo schierati fin da subito, riconoscendo le ragioni di un popolo invaso rispetto a quelle di uno Stato invasore.

Le democrazie non fanno le guerre. Le democrazie nei momenti cruciali della loro Storia sanno ritrovare le ragioni di unità e mettono da parte le contrapposizioni politiche per uscire dalle crisi.

E questo deve essere un motivo in più per ricordare a tutti noi, una volta ancora, il valore di festeggiare il 25 aprile, giorno della Liberazione e di inizio di un cammino condiviso verso l’affermazione dei principi di libertà, pari dignità, eguaglianza.

Valori fondanti della nostra democrazia che devono essere celebrati oggi ma perseguiti ogni giorno.

Alle istituzioni il compito più difficile di fare in modo che siano applicati in concreto i valori della nostra Costituzione Repubblicana.

Michele Conti, Sindaco di Pisa

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